articolo Tempo libero Arte - Cultura
Il mondo degli artisti è anche il nostro. La 55° Biennale di Venezia freccedomenica 22 settembre 2013

Il nome attribuito alla 55° Biennale di Venezia è atipico ma assai significativo: Il Palazzo Enciclopedico. Prende spunto da un’idea di un artista italo-americano, Marino Auriti, che nel 1955 brevettò una serie di progetti finalizzati alla costruzione del suo palazzo Enciclopedico, un museo che avrebbe dovuto contenere tutto il sapere umano. Rimase un’idea, un sogno. Ma come spesso accade ai sogni, non è svanito nel nulla o nell’oblio, è diventato a sua volta occasione di presentazione dei sogni, del desiderio di conoscenza, di indagine personale che volge all’universale, delle ossessioni visionarie di artisti professionisti e non.

La mostra è dislocata tra la suggestiva ambientazione dell’Arsenale e i padiglioni internazionali dei Giardini. Il tempo scorre lento dentro questo mondo, dove inizialmente si viaggia come spettatori , come se ci fosse una sorta di distanza incolmabile tra la propria vita e quella dell’artista, il cui pensiero, trasformato in immagine, sembra non ci riguardarci per nulla. Ma come quando si abituano gli occhi all’oscurità, proseguendo nel percorso artistico non certo lascito al caso, lo spettatore si prende uno spazio, perché questo spazio c’è, all’interno della realtà e dell’immaginazione, livelli di esistenza che ci rintracciano, fanno parte del nostro tempo.

Un tempo in cui natura, tecnologia, informazione, dinamiche sociali si incrociano inevitabilmente. Dove l’artista riproduce se stesso e il mondo, attraverso immagini che da concrete si fanno oniriche. Forse perché nella realtà siamo già così bombardati da cose, scelte, possibilità, offerte e dunque l’arte ha questo duplice ruolo antitetico: riconoscere questa realtà e inventarne una. Il Palazzo Enciclopedico si pone allora come un viaggio all’interno dell’uomo e fuori dallo stesso, attraverso un percorso visivo ed emozionale, dove si cerca qualcosa di non già propriamente visto o detto, laddove tutto ormai è stato visto o detto; non solo quadri, specie all’Arsenale, ma fotografie, esperimenti, produzioni multimediali, installazioni.

Ed ecco allora che gli schemi di una ricerca scientifica disegnati a mano, schizzi colorati corredati di calcoli veri, note dell’autore-scienziato, diventano una produzione artistica; le sequenze di scrittura di testi o numeri secondo le molteplici modalità diventano un insieme divertente e accattivante … sarà di certo capitato anche a noi di “giocare” con la scrittura, no? Idee semplicissime, come scrivere secondo un percorso, dando una direzione utilizzando riquadri di fogli ravvicinati … Fogli bianchi e scritte o disegni quasi infantili con pennarello nero, ripetute, riproposte, messaggi lanciati con una grafica che che riecheggia di veccchi poster, coinvolgono per immediatezza e imprevedibilità.

Serie di mantra concepiti come sostegno alla meditazione in cui il pieno e il vuoto sono il motivo ricorrente, disegni fatti su stoffa con la macchina da cucire, tappeti e arazzi dai colori sgargianti e stampo orientaleggiante di fantasie simboliche, provocazioni … traduzioni personali di esperienze umane di vita quotidiana e follia … E’ arte questa, ci si potrà chiedere? Ma forse è una domanda posta in maniera impropria: semplicemente c’è un’idea portata fuori, espressa come di certo a noi non verrebbe in mente di fare, non sempre così comprensibile, non necessariamente bella nel senso più comune del termine; e fa parte, in questo contesto unico, di un sapere fluido, dinamico, che si travasa di passaggio in passaggio, si alimenta della diversità e ci restituisce una visione “altra”, come davvero il sapere che è passione e dà senso alla vita dovrebbe saper fare.
©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Valeria  Capuano - vedi tutti gli articoli di Valeria  Capuano



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Heliopsis
Heliopsis, genere di 12 specie di piante erbacee, perenni ed annuali. Le specie perenni si coltivano nelle bordure insieme ai Phlox, la Salvia, il Chrysanthemum e i Delphinium.
Le Heliopsis si piantano in ottobre ........

Zephyranthes

Zephyranthes, genere di 35-40 specie di piante bulbose, appartenenti alla famiglia delle Amaryllidaceae, originarie delle regioni meridionali degli Stati Uniti, dell’America centrale e meridionale. La specie descritta è ........

Malus (Melo da fiore)

Malus (Melo da fiore), genere di 35 specie di alberi o arbusti rustici, a foglie decidue, appartenente alla famiglia delle Rosaceae, con fiori e frutti molto ornamentali, comprendente anche la specie che ha dato origine ........

Grevillea
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Acorus

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Crescono bene nei terreni molto umidi. ........

 

 

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Muffin al cioccolato
Unire in una ciotola tutti gli ingredienti solidi, quindi la farina, lo zucchero, il cacao magro, il lievito, il bicarbonato e un pizzico di sale, dopo ....
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Rodgersia
Rodgersia, genere di 6 specie di piante erbacee, perenni, rustiche, con foglie e fiori molto ornamentali, adatte per bordure alte. Sono rizomatose e in genere impiegano 1-2 anni per attecchire bene. Si coltivano in ........

Indigofera

La Indigofera è un  arbusto sempreverde o deciduo o anche una erbacea perenne che conta 700 specie. Le specie arbustive sono genneralmente rustiche, hanno foglie composte e fiori a corolla papilionacea, ........

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Nerine, genere di 30 specie di piante bulbose, generalmente delicate. Queste piante hanno dato origine a numerosi ibridi. Le specie descritte hanno foglie lineari, nastriformi, che spuntano generalmente dopo i fiori. Questi ........

Elisma

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Il mondo degli artisti è anche il nostro. La 55° Biennale di Venezia freccedomenica 22 settembre 2013

Il nome attribuito alla 55° Biennale di Venezia è atipico ma assai significativo: Il Palazzo Enciclopedico. Prende spunto da un’idea di un artista italo-americano, Marino Auriti, che nel 1955 brevettò una serie di progetti finalizzati alla costruzione del suo palazzo Enciclopedico, un museo che avrebbe dovuto contenere tutto il sapere umano. Rimase un’idea, un sogno. Ma come spesso accade ai sogni, non è svanito nel nulla o nell’oblio, è diventato a sua volta occasione di presentazione dei sogni, del desiderio di conoscenza, di indagine personale che volge all’universale, delle ossessioni visionarie di artisti professionisti e non.

La mostra è dislocata tra la suggestiva ambientazione dell’Arsenale e i padiglioni internazionali dei Giardini. Il tempo scorre lento dentro questo mondo, dove inizialmente si viaggia come spettatori , come se ci fosse una sorta di distanza incolmabile tra la propria vita e quella dell’artista, il cui pensiero, trasformato in immagine, sembra non ci riguardarci per nulla. Ma come quando si abituano gli occhi all’oscurità, proseguendo nel percorso artistico non certo lascito al caso, lo spettatore si prende uno spazio, perché questo spazio c’è, all’interno della realtà e dell’immaginazione, livelli di esistenza che ci rintracciano, fanno parte del nostro tempo.

Un tempo in cui natura, tecnologia, informazione, dinamiche sociali si incrociano inevitabilmente. Dove l’artista riproduce se stesso e il mondo, attraverso immagini che da concrete si fanno oniriche. Forse perché nella realtà siamo già così bombardati da cose, scelte, possibilità, offerte e dunque l’arte ha questo duplice ruolo antitetico: riconoscere questa realtà e inventarne una. Il Palazzo Enciclopedico si pone allora come un viaggio all’interno dell’uomo e fuori dallo stesso, attraverso un percorso visivo ed emozionale, dove si cerca qualcosa di non già propriamente visto o detto, laddove tutto ormai è stato visto o detto; non solo quadri, specie all’Arsenale, ma fotografie, esperimenti, produzioni multimediali, installazioni.

Ed ecco allora che gli schemi di una ricerca scientifica disegnati a mano, schizzi colorati corredati di calcoli veri, note dell’autore-scienziato, diventano una produzione artistica; le sequenze di scrittura di testi o numeri secondo le molteplici modalità diventano un insieme divertente e accattivante … sarà di certo capitato anche a noi di “giocare” con la scrittura, no? Idee semplicissime, come scrivere secondo un percorso, dando una direzione utilizzando riquadri di fogli ravvicinati … Fogli bianchi e scritte o disegni quasi infantili con pennarello nero, ripetute, riproposte, messaggi lanciati con una grafica che che riecheggia di veccchi poster, coinvolgono per immediatezza e imprevedibilità.

Serie di mantra concepiti come sostegno alla meditazione in cui il pieno e il vuoto sono il motivo ricorrente, disegni fatti su stoffa con la macchina da cucire, tappeti e arazzi dai colori sgargianti e stampo orientaleggiante di fantasie simboliche, provocazioni … traduzioni personali di esperienze umane di vita quotidiana e follia … E’ arte questa, ci si potrà chiedere? Ma forse è una domanda posta in maniera impropria: semplicemente c’è un’idea portata fuori, espressa come di certo a noi non verrebbe in mente di fare, non sempre così comprensibile, non necessariamente bella nel senso più comune del termine; e fa parte, in questo contesto unico, di un sapere fluido, dinamico, che si travasa di passaggio in passaggio, si alimenta della diversità e ci restituisce una visione “altra”, come davvero il sapere che è passione e dà senso alla vita dovrebbe saper fare.
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